Fortezza di Rovigliano - Il fantasma di Donna Fulgida
Provincia: Napoli
Tipologia: Fortezza
Stato attuale: Rovine
Periodo edificazione: XVI secolo
Periodo abbandono: 1930 circa
Motivo abbandono: Luogo impervio
Accesso: Con imbarcazione
Modalità Visita: Libera
Tipologia: Fortezza
Stato attuale: Rovine
Periodo edificazione: XVI secolo
Periodo abbandono: 1930 circa
Motivo abbandono: Luogo impervio
Accesso: Con imbarcazione
Modalità Visita: Libera
L’isolotto di Rovigliano, conosciuto anche come lo Scoglio di Rovigliano, è una isola minore del golfo di Napoli, situata alla foce del fiume Sarno, in zona omonima, al confine fra i comuni di Castellammare di Stabia e Torre Annunziata; questo scoglio ospita la cosiddetta "Fortezza di Rovigliano".
Lo scoglio è formato, così come le rocce dei vicini monti Lattari, da dolomie e calcari, ha quindi una origine sedimentaria, nulla a che vedere con il vicino Vesuvio e le sue rocce vulcaniche.
La dissonanza litologica fra lo scoglio e le rocce vicine e la somiglianza fra le rocce stesse dell’isolotto e quelle dei monti Lattari, ha dato luogo a suggestive storie e leggende sulla sua genesi come, ad esempio, la leggenda di Ercole :
questo scoglio era originariamente chiamato col nome di Petra Herculis, prendendo il nome dall’eroe mitologico Ercole il quale, si racconta, al ritorno dalla sua decima "fatica", prima di fondare le città di Ercolano e Stabiae, abbia staccato la cima del monte Faito e l’abbia gettata in mare così dando origine all’isolotto.
L’isolotto ha avuto più usi nel tempo infatti, durante l’epoca Romana, su di esso sorgeva un tempio dedicato proprio ad Ercole, di cui rimangono oggi parti di muratura nel tipico "opus reticolatum" romano.
Successivamente, nei pressi dello scoglio, si dice abbia trovato la morte Plinio "il vecchio" durante la sua sfortunata osservazione dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e così lo scoglio fu chiamato "Pietra di Plinio".
L’attuale nome compare in documenti papali del XII secolo e l’origine di tale nome rimane ancora incerta ma la più accreditata vuole che il suo nome derivi da "robilia", indicante una specie di pianta erbacea fornita di baccello, leguminosa, il cui termine nel tempo è andato modificandosi prendendo il più moderno nome di rubiglia.
Questa "Rubiglia" dovrebbe indicare la cosiddetta "cicérchia", una pianta tipica mediterranea che ha la capacità di riprodursi anche in ambienti difficili e rocciosi come quelli dello scoglio.
Tornando agli usi dell’isolotto, nel VI secolo divenne un’abitazione privata, per poi passare, tre secoli dopo, nelle mani di Ernesto Longobardi, il quale ne fece luogo di accoglienza per donne dedite alla vita monastica. Passarono altri tre secoli e nel XII secolo e lo scoglio fu adibito a monastero e chiesa per poi diventare, nel XVI secolo, una fortezza costruita per difendersi dai Saraceni sulla quale fu costruita una torre che svetta ancora oggi ed è visibile da lontano.
Nel 1860 lo scoglio divenne proprietà del demanio statale per essere dato in concessione, nel 1931, a chi ne fece un ristorante che però ebbe poca fortuna e fu chiuso in poco tempo.
Lo stato attuale non è buono, le rovine versano in stato di totale abbandono, anche perché sferzate dalla furia del mare.
Nel III secolo l’isolotto distava dalla terraferma circa quattro miglia, distanza che col tempo è andata riducendosi grazie all’apporto di sedimenti vulcanici (eruzioni) e fluviali (fiume Sarno), infatti, ora l’isolotto dista dalla costa circa 500 metri.
Rovigliano, come molti altri luoghi spettacolari, è spesso accompagnato da leggende;
una di queste ce la narra un tale Frate Simone in una delle sue cronache del IX secolo sul "Chronicon Casinense":
quando i Longobardi si stabilirono in Italia, a Castellammare la zona era sorvegliata dal Conte Orso che giunse in loco con una guarnigione di soldati.
Il conte Orso era un uomo audace, forte e generoso ed era solito spostarsi sempre con la moglie, donna Fulgida, una moglie bellissima e buona e con lei c'era anche il figlio Miroaldo.
Questi occuparono la residenza sull’isolotto di Rovigliano mentre la guarnigione si stanziò alla foce del fiume Sarno, proprio di fronte all’isolotto.
La figura di donna Fulgida era buona e caritatevole e si narra che spesso si allontanasse dalla residenza per donare conforto e piccoli doni ai soldati per alleviare le loro sofferenze data la vita durissima che erano costretti a fare.
Un giorno giunsero i Saraceni nel golfo di Napoli e attaccarono anche la zona di Castellammare, ma la difesa ordinata dal conte Orso fu del tutto vana e i soldati resistettero poco, così perirono quasi tutti e chi non ebbe tale sorte, fu fatto schiavo.
I più impavidi tentarono una folle resistenza assieme al conte sulla fortezza di Rovigliano, ma fu una battaglia dalle sorti già scritte e i Saraceni conquistarono anche sull’isolotto.
Il conte fu ferito e impiccato, mentre donna Fulgida, che aveva tentato di difendere il marito ponendosi fra lui ed una lancia, fu lasciata moribonda sullo scoglio.
Il figlio Miroaldo rimase incolume e fu fatto schiavo.
La leggenda vuole che donna Fulgida non fosse morta per il colpo inferto con
la lancia, ma che fosse solo svenuta e che al suo risveglio si trovò nel bagno
di sangue dei suoi amati soldati e con l’immagine del marito impiccato.
Della donna non si sa quale sia stata la sorte, ma pare che lo scoglio di
Rovigliano sia infestato dal suo spettro che invoca il suo sposo e il suo amato
figlio e che si faccia accompagnare, durante le apparizioni, dalla danza dei
gabbiani che le volano attorno.
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Articolo: Fabio Di Bitonto
Foto:
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