Bisogna riconoscere che questi centri, come quello di Volterra, sono nati con tutte le buone intenzioni possibili, l’idea, di base, di un luogo che si dedicasse a determinate patologie e mirasse alla cura e al recupero, era splendida. Purtroppo, a volte, ci si perde per strada, come si suol dire, perché gli atti commessi qui dentro furono definiti, da alcuni, atroci e la legge Basaglia venne in aiuto decretando la chiusura di queste strutture nel 1978, nonostante proprio a Volterra, l’intenzione fosse quella di ospitare i degenti, anche 5000, per renderli produttivi, farli lavorare in campo artigiano o sociale, per poi immetterli nuovamente nella società.Tant’è che, a differenza di altre strutture simili, qui non vi era alcuna recinzione e nessun muro a tagliare fuori i degenti dal mondo reale, anzi, qui la gente, da fuori, poteva venire a comperare il pane o altri prodotti agricoli e c’erano anche altre piccole attività commerciali dove i degenti stessi lavoravano.
Le inferriate alle finestre, le vasche col ghiaccio, le cure con l’elettricità vennero dopo, negli anni ’30, quando il direttore, che aveva questa visione lungimirante, morì.