Comune: Santo Stefano di Sessanio,
L’Aquila Tipologia: Borgo arroccato Destinazione attuale: Albergo
Diffuso
Stato attuale: Buono
Età di edificazione: VIII secolo
Data di abbandono: XX secolo Data Recupero: 2004
Motivo dell’abbandono: Spopolamento
Accesso: Su strada
Santo Stefano di Sessanio è divenuto, in Italia, l’esempio di eccellenza per
quanto riguarda il recupero.
Un esempio, oramai, famoso in tutto il mondo sia per la sua bellezza, sia
per le modalità in cui è stato portato avanti.
Santo Stefano di Sessanio è, innanzitutto, uno splendido borgo abruzzese di
poco più di cento abitanti, inserito fra i borghi più belli d’Italia e
circondato dalla natura ricadendo, come territorio, nel Parco Nazionale del
Gran Sasso.
L’etimologia del nome ha più versioni, molte riguardano il numero “sei”,
accreditato come numero di anni che eventuali carcerati dovevano trascorrere
nel luogo poiché confinati qui dai romani.
La più accreditata, invece, riguarda la derivazione da “Sextantio”, un piccolo insediamento ubicato, pare, proprio a pochi chilometri dall’attuale borgo con un’origine che dovrebbe risalire, secondo le prime documentazioni, all’VIII secolo d.C..
Pertanto la storia del complesso di Santo Stefano pare sia legata a doppio filo a Sextantio, sino a divenire un corpo quasi unico nel XIV secolo.
Il periodo migliore per questo splendido paese è stato a cavallo fra il XVI e il XVIII secolo, quando era governato dai “Medici” di Firenze e da qui veniva esportata in città la famosa, richiesta e pregiata lana “Carfagna”.
Fu con l’invasione del Regno delle Due Sicilie e l’unificazione della penisola che questo luogo iniziò a perdere importanza e con essa gli abitanti.
Il cambio di direzione si ebbe nel 2004, quando un giovane imprenditore, sognatore ma determinato, giunse a Santo Stefano con l’intenzione di invertire la rotta dell’abbandono.
Un borgo spettacolare a 1200 metri di quota, le case in pietra, abbandonate, un potenziale turistico enorme; Daniele Kihlgren, imprenditore italo - svedese, ha acquistato tutto quello che c’era da acquistare e lo ha convertito in albergo diffuso, restaurando il borgo con le tecniche e i materiali di una volta, dotando anche le abitazioni di sedie di paglia intrecciata come facevano sino a 100 anni fa e letti in ferro battuto.
Un vero e proprio tuffo nel passato, dove si hanno a disposizione lunghi sentieri di montagna, silenzio e buona cucina.
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