Gibellina - La ricostruzione della memoria
Paesi Fantasma > Italia > Sicilia
Provincia: Trapani
Tipologia: Borgo rurale
Stato attuale: Pochi ruderi
Periodo edificazione: Alto Medioevo
Periodo abbandono: 1968
Motivo abbandono: Sisma (6.1 Richter)
Accesso: Su strada
Modalità di visita: Libera
Tipologia: Borgo rurale
Stato attuale: Pochi ruderi
Periodo edificazione: Alto Medioevo
Periodo abbandono: 1968
Motivo abbandono: Sisma (6.1 Richter)
Accesso: Su strada
Modalità di visita: Libera
Gibellina era uno di quei caratteristici e splendidi centri dell’entroterra siculo che sono stati devastati del terribile terremoto del Belice del 1968.
Il suo nome deriva dall’arabo (Gebel= altura Zghir= piccola) e significa piccola altura.
Le notizie sulla sua origine sono molto frammentarie, secondo alcune
indiscrezioni pare sia stata fondata proprio dagli arabi nell’alto
medioevo mentre si sa con certezza che il tessuto urbano esistente sino
al 1968 sia stato edificato nel XIV secolo intorno al castello costruito
da Manfredi Chiaromonte.
Del centro abitato rimane davvero
pochissimo, dopo il terremoto fu deciso di ricostruire il paese poco
lontano, in contrada Salinella, appartenente al comune di Salemi.
Il sindaco dell’epoca, Ludovico Corrao, tentò di dare un forte
slancio turistico alla zona e alla ricostruzione chiamando a sé
numerosissimi artisti; il fine era quello di accentrare l’attenzione
dell’Italia e del mondo sulla zona facendo diventare Gibellina il centro
culturale della Sicilia.
Uno degli artisti chiamato dal sindaco
fu Alberto Burri che si rifiutò categoricamente di inserire una sua
opera nel nuovo contesto urbano della città e propose, con successo, di
realizzare una mastodontica opera sul territorio della vecchia
Gibellina.
Fu così che si realizzò il cosiddetto Cretto di Burri, un gigantesco monumento della morte che si sviluppa su tutto il tessuto urbano della Gibellina medievale.
L’opera
ha letteralmente cementificato la città, asportando le rovine e
ricoprendole di cemento riproducendo vicoli e strade percorribili,
adesso, con biciclette o a piedi.
Le macerie del vecchio borgo
sono visibili solo nelle zone periferiche e il cretto ha letteralmente
cancellato la memoria di un paese come avrebbe fatto un gigantesco
cancellino su una lavagna.
C’è da dire che il cretto stesso detiene ancora la fama di una delle opere d’arte contemporanea più estese al mondo.
L’evento che scosse la Sicilia avvenne a metà gennaio del 1968 con una magnitudo di 6.1 Richter, un terremoto molto forte che si abbatté senza pietà su un territorio fragile e già provato.
I morti fortunatamente furono pochi, poco meno di 400 e gli sfollati e feriti, invece, ammontarono a circa 70.000.
Il sisma interessò le province di Trapani, Palermo e Agrigento ed ebbe il suo epicentro proprio nella Valle del Belice, luogo in cui sorgeva Gibellina assieme ad altri paesi letteralmente spazzati via dal terremoto.
Assieme a Gibellina furono rasi al suolo Santa Margherita in Belice, Montevago, Poggioreale e Salaparuta, senza contare tutti i danni ad altri comuni e alle infrastrutture. Addirittura la ferrovia Salaparuta - Castelvetrano fu devastata e mai più ricostruita, era un collegamento utilissimo per chi doveva spostarsi dalle zone interne verso la costa.
Il sisma fu inizialmente sottovalutato dai media, al punto che
inizialmente si parlò di pochi danni e case solo lesionate. La visione
cambiò quando arrivarono i primi soccorsi dallo stato centrale, in
particolar modo ci fu consapevolezza quando fu impossibile raggiungere i
centri più colpiti poiché le strade erano state letteralmente
inghiottite dalla terra.
La Sicilia ancora non si era ripresa dal
dopoguerra e le popolazioni delle zone interne vivevano già in
condizioni non esattamente agevoli; il terremoto le provò ulteriormente
prolungando l’agonia di una ripresa che il sud Italia, dopo l’invasione
sabauda, ha conosciuto solo a tratti.
In galleria si trovano le
foto del cretto di Burri e alcune foto della Gibellina devastata; la
visione attuale non ci porta ad un paese fantasma bensì al fantasma di
un paese che forse meriterebbe, come tutta la valle del Belice, più
memoria rispetto al cretto.
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Articolo: Fabio Di Bitonto
Foto: Plinio Alessio Pasquali
Immagini storiche:
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