Apice - La Pompei del '900
Provincia: Benevento
Tipologia: Borgo arroccato
Stato attuale: Discreto
Periodo edificazione: I secolo d.C.
Periodo abbandono: 21/08/1962
Motivo abbandono: Terremoto (6.1 Richter)
Accesso: Su strada
Modalità di visita: Non consentita
Tipologia: Borgo arroccato
Stato attuale: Discreto
Periodo edificazione: I secolo d.C.
Periodo abbandono: 21/08/1962
Motivo abbandono: Terremoto (6.1 Richter)
Accesso: Su strada
Modalità di visita: Non consentita
Apice è un borgo che affonda le sue radici molto indietro nel tempo.
Infatti, le sue origini pare arrivino al tempo dei romani, quando Marco Apicio fu incaricato di ricompensare alcuni legionari da parte dello stato e donò loro i terreni su cui è poi sorto questo borgo.
Che il sito abbia un’origine romana è confermato anche dalla presenza dei resti del ponte appiano e della via Appia a pochi chilometri dal centro abitato; inoltre sul muro esterno di una delle chiese del paese è anche scolpito un fascio littorio, simbolo dei romani, in più, molte tombe, colonne e monete sono state trovate nelle vicinanze.
Chiamata più volte la Pompei del ‘900, Apice è famosa per il suo centro storico abbandonato, ben conservato, che ha attirato moltissime persone nel corso del tempo.
L’abbandono fu segnato il 21/08/1962, alle 19.30 circa, quando due scosse di terremoto, la più forte di 6.1 circa) la condannarono a morte.
Nel borgo di Apice si contarono “solo” 17 vittime e i rimanenti 6500 abitanti furono prontamente evacuati a causa della possibilità di nuove scossi o altri crolli.
Gli abitanti si trasferirono, nel tempo e a malincuore, sul nuovo insediamento costruito sulla collina di fronte, ma non tutti; taluni rimasero nel vecchio abitato, chi ad esercitare la propria funzione pubblica, chi a far sopravvivere la propria bottega e chi semplicemente ad abitarci.
Famoso era il barbiere che ha tenuto la sua bottega aperta sino a poco tempo fa, fra il 2012 e il 2013.
Il borgo è rimasto pressappoco lo stesso sino a qualche anno fa, quando hanno iniziato i lavori di recupero del castello ormai quasi completati; in più, da qualche tempo, è stata emessa una ordinanza del comune che vieta l’ingresso, inoltre, sono state costruite delle cancellate che impediscono l’accesso e la sorveglianza della polizia locale è molto attenta.
Il borgo ha alcune caratteristiche distintive:
Le case sono basse, ad uno o, al più, due piani, costruite in pietra; erano gli anni ’60, quindi si iniziava a sentire il benessere del boom economico, si trovano bagni nelle case ricavati in angoli, qualche elettrodomestico o ciò che ne rimane, ma ciò in quelle case che sembrano più ricche.
L’architettura rurale che un tempo caratterizzava Apice è scomparsa, probabilmente anche grazie agli interventi successivi al ’62, quando, in più occasioni si è cercato di recuperare Apice con progetti poi rivelatisi fallimentari.
C’è da dire che di Apice riesce ancora a scorgersi quella realtà d’un tempo, la fotografia (così amo definirla N.d.R.) di un tempo e di un’Italia che fu. Non ci sono insegne luminose moderne, infissi in anodizzato e altre modernità scorte in altri borghi abbandonati.
C’è una foto che può essere osservata e vissuta, quella foto che molte persone che hanno vissuto in quel periodo, oggi, se la vedessero, sentirebbero propria.
Per fortuna Apice è ancora così, forse, perché sono anni che non ci metto piede.
Certamente non sono state costruite le palestre, i cinema e altre assurdità proposte tempo addietro.
Il paese si poteva vedere da due punti di vista, la parte esterna, dove ci sono molte abitazioni e s’intravede la piazza principale e poi la visita al paese interno, al suo cuore, quella che oggi è impossibile e sconsigliata.
La parte esterna risultava ben conservata sin dalla prima occhiata, anche se c’era qualche perplessità ad entrare negli edifici. In alcuni era possibile entrare e fu possibile vedere molte cose interessanti, case ancora ammobiliate, auto (una Simca) intrappolate fra le macerie di un meccanico, riviste di cucito ed vario genere, mobili, insegne fai da te di negoziante (Il vetraio N.d.R.)…
Allontanandosi dal centro si poteva notare che le abitazioni avevano subito maggiori danni, forse perché costruite con metodi più antichi e meno
efficaci contro un terremoto d’intensità elevata; però erano insediamenti che avevano più a che fare con un borgo rurale che all’Apice che si era vista precedentemente.
All’interno del paese, invece, era possibile vedere ancora di più, c’erano più piazze, chiese, abitazioni in perfette condizioni, bar, il vecchio municipio…
Si camminava in un paese che aveva tutto tranne gli abitanti; splendida la farmacia nella piazza più importante, con ancora l’elenco degli articoli e i prezzi, con una scala nascosta che portava, presumibilmente, nell’abitazione dei farmacisti.
Le vie prive di asfalto ma con l’antica pavimentazione, i vasi con le piante ancora ai balconi, vecchi giornali accumulati nelle case, la macelleria e la beccheria con le carte per la carne e gli attrezzi, le vecchie ricevute… in un basso una 126 FIAT in riparazione che non sarà mai completata.
Apice è un’esperienza che non può essere facilmente descritta, le immagini, spero, possano parlare da sole.
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Articolo: Fabio Di Bitonto
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